Il quotidiano nazionale La STAMPA dedica a Seguso Vetri d’Arte la pagina domenicale del suo “Viaggio tra le eccellenze artigiane in Italia”. Il lungo articolo porta la firma di Federico Taddia che ha scelto di raccontare la storia Seguso quale significativa testimonianza della “capacità di fare le cose per bene”.
Quel fiato ininterrotto che da 800 anni forgia il vetro
Sull’isola di Murano la fornace Seguso produce pezzi unici da 23 generazioni
FEDERICO TADDIA
MURANO (VENEZIA)
«Lavorando nella fornace ho compreso la morale della vita: nel plasmare il vetro sei creativo e creatore, arrivi così a percepire il senso più profondo dell’essere creatura. Poi c’è lo spirito dell’attesa, della sorpresa, del fallimento o della vittoria per il risultato ottenuto, della certezza che quello che ti troverai tra le mani andrà comunque sempre al di là di quello che ti aspettati: il vetro è meraviglia e fragilità.
La meraviglia e la fragilità dell’esistenza». Gioca con le suggestioni come gioca con la sabbia Giampaolo Seguso, 73 anni, mentre tra le trasparenze colorate delle sue opere reinterpreta una storia lunga 600 anni. E davanti a lui Gianluca, Pierpaolo e Gianandrea ascoltano, ammaliati e pazienti, le parole del padre. Rispettosi, curiosi e concreti. Orgogliosi e consapevoli di essere loro, in questo momento, ad avere in mano il testimone di un’avventura famigliare che continua da 23 generazioni. Una magia che si ripete, giorno dopo giorno, dal 1397.
Lingue di fuoco che prendono spessore orchestrati da maestri silenziosi e schivi che sanno trasformare in arte il delicato equilibrio tra temperatura, gravità e forza centrifuga: lunghe canne di metallo dalla testa luccicante che roteano, si alzano e si abbassano, vagando tra forni. Canne dentro le quali soffiare, a volte con delicatezza e a volte con forza, per addomesticare il vetro fuso e accompagnarlo verso la forma desiderata. Una danza antica, tramandata nel tempo, che ha come palco l’isola di Murano. Diventata il primo distretto industriale al mondo da quando il Doge nel 1291 decise di spostare le fornaci di Venezia su questo lembo di terra, per evitare il rischio di incendi nella città e, soprattutto, per preservare i segreti della produzione vetraria.
«Queste sono le nostre radici, un bagaglio immenso di competenze inserito in un contesto culturale imprescindibile – raccolta Gianluca – Un vetro per essere bello non è sufficiente che sia fatto a Murano, ma deve essere fatto bene a Murano. Per noi significa avere un’attenzione maniacale al dettaglio e a al particolare, perché è giusto che sia così. Io e i miei fratelli non abbiamo alcun merito di quello che hanno messo in piedi le 22 generazioni precedenti: ora è nostra la responsabilità di lasciare un segno e far sbocciare la passione a chi verrà dopo di noi». E così, mentre Giampaolo anima la fornace dando luce a prototipi ed opere destinate alla sua raccolta privata, i tre figli traducono le ispirazioni paterne, e non solo, in business. Rivoluzionando il concetto di azienda. «E’ vero, abbiamo aperto le porte del nostro laboratorio, attraverso visite emotive chiamate “Experience”. E’ una immersione totale in questa dimensione, dove ognuno dei 40 dipendenti si sente un tassello fondamentale, e ha occasione per raccontarsi e rigenerare in sé il piacere di dare il massimo. Condividendo l’esperienza con l’esterno e con tutto l’indotto economico e sociale che ruota attorno a Murano. Noi non facciamo vetro, noi facciamo emozioni che vengono rappresentate dal vetro: ma i primi ad emozionarci dobbiamo essere noi». Lampadari spettacolari e vasi dalle linee morbide e imprevedibili, elementi decorativi come maniglie e tavoli d’arredamento dai piedi trasparenti, oggetti dai design classici e raffinati e bicchieri minimalisti: i prodotti firmati «Seguso Vetri d’Arte» fanno parte delle collezioni permanenti di oltre 100 musei internazionali, sono presenti in Case Reali, lussuose residenze, teatri e hotel, oltre ad affiancare prestigiosi marchi della moda come Christian Dior e Fendi.
Per merito della fantasia di Pierpaolo, il direttore creativo, e la capacità di sviluppo di Gianandrea e Gianluca, che hanno individuato in quattro colonne portanti il motore della ditta di famiglia: integrità, sostenibilità, maestria e bellezza. «Bellezza non solo estetica, ma principalmente etica – spiega Gianluca – Lo sforzo è quello di far comprendere il senso della bellezza: tenere allenata la capacità di stupirsi è l’unico antidoto alla mediocrità». Nel frattempo all’interno della fornace, con i forni ad oltre mille gradi, le squadre composte da tre persone, il maestro, un servente e il garzone, continuano la loro danza, aiutati da pinze e forbici in metallo, palette di legno con cui modellare il vetro, gocce di colore che come un pennello tracciano linee e curve.
«Alla base di tutto questo c’è un foglio nero e un gesso bianco: è il disegno di partenza con cui si fa intuire al maestro quale immagine si ha nella testa. Ed è in questo dialogo, abbozzato, corretto e rivisto insieme, che si cerca la perfetta armonia tra la forma e la materia. Cose che non si apprendono in nessun manuale, ma solo stando in bottega, sbagliando e riprovando, attraverso una formazione a rilascio lento che ricalca il modello rinascimentale». Un’occhiata veloce tra il maestro e il garzone. Suoni in un dialetto incomprensibili. Traiettorie conosciute a memoria, con palle incandescenti che per incanto, nell’istante stesso in cui pensi di aver capito in cosa si stanno trasformando, diventano altro. «Mio padre era un ricercatore e quindi studiava la tecnica – conclude Giampaolo mentre, come mi sussurra, cerca di vestire di bellezza un sasso di vetro – Io sono un esploratore: a me capire il problema non m’interessa, io voglio essere meravigliato. Io sono un sognatore: il visionario soffre, il sognatore mai. E questa è una differenza vitale».